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Autosole: una decisione trasparente?

creato da Riccardo Bionducci ultima modifica 06/07/2011 11:18
Scelte politico-affaristiche del recente passato: contrarietà per l'esaltazione letteraria del collegamento autostradale Milano-Napoli


di Riccardo Bionducci

Il libro che ha offerto lo spunto per questa riflessione non l'ho letto (il punto non è la sua qualità letteraria ma le considerazioni che hanno accompagnato le presentazioni televisive del libro medesimo). Ho sentito parlarne lungamente l'Autore, in alcune sue apparizioni in vari programmi TV. In una di queste, a fronte di una precisa osservazione, ha dovuto ammettere l'esistenza di interessi convergenti della politica del tempo, dell'industria automobilistica, degli industriali del calcestruzzo. (Aggiungo io: all'epoca, mascherati dalla suggestione che l'automobile potesse essere "... il grande mezzo che permette all’operaio e al contadino di finire il proprio isolamento e di sentire di essere qualcuno in una società di eguali"— per usare le parole dell'allora Presidente di una certa società di costruzioni di un noto Gruppo industriale ancora operante).

Estremizzare la velocità di andatura, oltre ad imporre tracciati disegnati sulla base di rigidi parametri geometrici che rendono indispensabile un'artificializzazione del suolo molto spinta — tra superficie rotabile e piano di campagna, per intendersi — implica anche una limitazione del numero di accessi, necessariamente dotati di tortuosi circuiti di accelerazione e decelerazione necessari a rapportarsi alla rete stradale ordinaria, ove la circolazione scorre a velocità molto inferiori che nell'arteria autostradale.

Immaginando il piacere di corrervi sopra, la costruzione di un'autostrada può essere vista con occhio benevolo (soprattutto da chi è prossimo agli svincoli).

Osservato dal di fuori, però, il manufatto rivela la sua natura di barriera perennemente incombente e tirannica, di cui l'abitante escluso sopporta le conseguenze senza i vantaggi offerti alla popolazione dei capoluoghi. Da una parte, questo ha favorito il deflusso verso le città; dall'altra, il propagarsi di un indistinto modello periurbano filamentoso consolidatosi in città-regione organizzate, appunto, sugli svincoli, con nuclei originari devitalizzati e campagne depauperate, difficilmente gestibili e sorrette da un modello di sviluppo a continua crescita per moltiplicazione. C'è poi da valutare se l'intermittenza dei traffici e dei benefici — ovviamente ragionando alla scala temporale del Territorio, non alla nostra — giustifichino gli svantaggi eterni prodotti dalle nuove mostruose e inamovibili morfologie ottenute attraverso titanici spianamenti, importanti sbancamenti e disastrose cave di prestito.

In termini territoriali — schematizzando — le direttrici di comunicazione spontanee, sempre massimamente aderenti al modellato naturale, sono la longitudinale (matrice) e le sue trasversali (impianti). Nel caso italiano, rispettivamente, esse corrispondono:

  • alla dorsale appenninica o, a quota bassa, alle sue parallele rivierasche o mediana (la Cassia, nelle sue varianti);
  • alle direttrici costa-interno lungo dorsali secondarie ortogonali alla principale o lungo le rivierasche fluviali interposte.

Nel corso delle fasi storiche, ciclicamente, talora ha prevalso la prima direzione (nei momenti di unificazione), talora le seconde (nei momenti di massima valorizzazione dei sistemi locali) le quali, a scala inferiore, assolvono al ruolo di matrice locale. Esiste poi un tipo di percorso concettualmente differente, che relaziona punti singolari di sistemi a quota diversa (semplificando: selle e guadi) e taglia diagonalmente i versanti, caratterizzato da un grado di intenzionalità più forte che nei primi due. In tutti i casi, lungo tutto il suo tragitto, il percorso "tradizionale" mantiene un rapporto diretto col suolo a margine che struttura (o ri-struttura) il tessuto territoriale tenendo conto di esso.

Il tracciato autostradale, al contrario, si sovrappone al modello organizzativo appena descritto, cancellandone una considervevole quota nastriforme e distorcendo valori territoriali consolidatisi nei millenni.

A mezzo secolo di distanza dall'impresa in questione — e conoscendone gli effetti — possiamo davvero affermare che la scelta di favorire la motorizzazione di massa è stata la più felice?